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Vivian Sternwood: Lei pensa sempre di poter trattare le persone come foche ammaestrate?
Marlowe: E in genere mi obbediscono.

Generale Sternwood: Ama le orchidee?
Marlowe: Non particolarmente.
Generale Sternwood: Sono orribili. La loro carne assomiglia troppo a quella umana e il profumo ha la putrida dolcezza della corruzione.


Il detective privato Philip Marlowe, viene ingaggiato dall’anziano generale Sternwood per scoprire chi è che ricatta la figlia minore Carmen per i suoi debiti di gioco. Allo stesso tempo deve fare luce sulla scomparsa del giovane Sean Regan, ex membro dell’Ira ed ex contrabbandiere, assunto da Sternwood per risolvere i problemi creati da Carmen e dalla figlia maggiore Vivian. Le due ragazze infatti, per stessa ammissione del padre “hanno tutti i vizi più ovvi, e inoltre qualcuno che si sono inventate loro”. Marlowe finirà per innamorarsi dell’affascinante Vivian mentre le indagini lo porteranno a scoprire una complessa serie di collegamenti tra ricattatori, bische clandestine, omicidi e altre attività illecite.

The Big Sleep (1946), diretto da Howard Hawks e tratto dall’omonimo romanzo di Raymond Chandler (pubblicato nel 1939 e primo di una serie di altre sei storie), è uno dei capolavori indiscussi del genere noir. Come la maggior parte dei film di questo tipo, a contare non è tanto la coerenza della trama in sé, come può essere invece necessario per un giallo. Anche perché da questo punto di vista la storia è intricatissima, forse una delle più complesse tra omicidi irrisolti, personaggi che si susseguono ed eventi che si legano tra loro senza respiro per lo spettatore. Il film risultò talmente complicato che nemmeno i protagonisti e il regista capirono appieno tutti i passaggi della trama. Lo stesso Chandler, quando gli fu chiesto da chi fosse stato ucciso l’autista degli Sternwood, non seppe rispondere. In una pellicola come questa però il fatto che le vicende siano così ingarbugliate non influisce più di tanto. Sono invece le atmosfere a farla da padrone, oltre ai personaggi, alle loro interazioni e ad una serie dialoghi memorabili. Gli ingredienti nel film diretto da Howard Hawks ci sono pressoché tutti.

Philip Marlowe, eroe solitario, si muove all’interno di un microcosmo popolato da inganni, crimini, mezze verità che si nascondono dietro la facciata della società. Un ambiente da cui ci mette in guardia il generale paraplegico (interpretato da Charles Waldron), attraverso le parole pronunciate all’interno della sua serra, quando affida l’incarico all’investigatore privato. Egli descrive le sue due figlie come piene di vizi, e parlando delle orchidee le descrive come troppo simili alla carne umana, con un profumo che “ha la putrida dolcezza della corruzione”. Marlowe deve fare i conti con queste insidie per compiere il suo lavoro. Il ruolo dell’investigatore privato creato da Chandler, calza perfettamente al grande Humphrey Bogart, qui in una delle sue performance più tipiche (come del resto si era dimostrato magistrale interpretando Sam Spade in Il mistero del falco). Il protagonista è centrale nell’azione, dato che è presente in quasi tutte le inquadrature, in una narrazione che lo segue passo passo, con pochi movimenti di macchina nell’attenta regia di Hawks.

Testardo, irriverente, incorruttibile, anche disilluso di fronte alla decadenza che pervade l’ambiente in cui opera: un duro che solo una donna – quella giusta però – potrebbe far ammorbidire. Non a caso il fascino del suo personaggio risulta evidente agli spettatori come ai personaggi femminili del film. Non passano due minuti di pellicola che una ragazza, la più giovane delle Sternwood, cade tra le braccia del protagonista, o meglio, come riferisce poco dopo Marlowe al vecchio generale riguardo al primo incontro avuto con la giovane: “l’ho incontrata all’ingresso: voleva sedersi sulle mie ginocchia mentre ero in piedi”. Nell’ordine le donne che vengono influenzate in un modo o nell’altro dalla presenza dell’investigatore privato interpretato da Bogart sono: Carmen Sternwood (Martha Vickers); sua sorella maggiore Vivian (una sensuale Lauren Bacall), che in realtà è anche l’unica ad essere baciata e a conquistare il cuore di Marlowe; la bionda commessa della biblioteca (“Lei non ha l’aria di un collezionista di prime edizioni” dice la donna, “Colleziono anche bionde sotto vetro” risponde il nostro); la libraia, che chiude a chiave la porta del negozio e che gli tiene compagnia mentre lui tiene d’occhio il presunto ricattatore Geiger dall’altra parte della strada; la tassista, che salutandolo gli dice “Se avesse bisogno di me chiami questo numero” aggiungendo “di notte è meglio. Di giorno lavoro”. Tante rappresentanti del genere femminile che in pochi secondi vengono catturate dal suo sguardo e dai suoi modi. Un lusso che pochi come Bogart potevano permettersi.

Come accennavamo poco fa, sarà solo una di esse a introdurre nel film qualche scena di sentimentalismo (e in questo l’opera di Hawks si discosta dal romanzo di Chandler, in cui Marlowe non può soffrire le due Sternwood), ma soprattutto il duo Bogart-Bacall – coppia anche nella vita – oltre a spezzare di tanto in tanto la solitudine del protagonista, è ricordato per i dialoghi e battibecchi vivaci (che  in certi punti rievocano il genere della screwball comedy), gli ammiccamenti, gli sguardi, la tensione erotica che si presenta quando si trovano insieme. Senza dimenticare diverse battute a doppi sensi, come la scena del ristorante, aggiunta in seguito, in cui i due mettono in scena questo dialogo: “Sa, i cavalli bisogna vederli al lavoro sul terreno. Certo Lei ha classe, però non so se resiste alla distanza…” dice Marlowe e Vivian risponde: “Molto dipende da chi ho in sella. Però devo dire che Lei ha l’aria di saperci fare: finora si è condotto ottimamente”.

Sono solo un paio delle tante frasi celebri (la sceneggiatura è di uno scrittore dal calibro di William Faulkner, coadiuvato da Leigh Brackett) che costellano questo film interpretato splendidamente, diretto senza iperboli ma a regola d’arte da Hawks e al quale contribuiscono le crude atmosfere rese bene dalla fotografia di Sidney Hickox e dalle musiche di Max Steiner, che insieme fanno della trasposizione del romanzo di Chandler un modello esemplare del cinema noir.

 

Titolo originale: The Big Sleep

Anno: 1946

Paese: USA

Durata: 114

Colore: B/N

Genere: Noir

Regista: Howard Hawks

Cast: Humphrey Bogart; Lauren Bacall; John Ridgely; Martha Vickers; Dorothy Malone; Peggy Knudsen.

Valutazione: 4 ½ su 5 – Ottimo

Luca Paccusse

 

“L’uomo che si farà accalappiare da lei non avrà altro che guai.” (David Huxley)

Susan Vance: Oh, che peccato, si sono rotti: come mi dispiace!
David Huxley: Be’, non ha nessuna importanza: per fare tutte le scemenze che sto facendo, posso anche farle a occhi chiusi.
Susan Vance: Ecco… Comunque, gliel’ho detto: senza occhiali è molto più carino.
David Huxley: Sono solo molto più cieco.


David Huxley, tranquillo e impacciato paleontologo impegnato a ultimare la costruzione dello scheletro di un dinosauro apprende dalla sua assistente e futura sposa Alice del ritrovamento dell’osso che completerà l’enorme carcassa. Il matrimonio tra i due è imminente ma lei fa capire al compagno che la cosa più importante rimarrà il loro lavoro, inoltre il paleontologo deve contattare il legale di una ricca signora che vorrebbe donare un milione di dollari al museo di storia naturale. La monotonia che si prospetta nella vita di David verrà interrotta bruscamente da Susan Vance, giovane ereditiera strampalata, capace di combinare disastri a ripetizione pur di conquistare il paleontologo.

Capolavoro della screwball comedy degli anni ’30 (genere hollywoodiano in cui si mette in scena la battaglia dei sessi), Bringing Up Baby, uscito nel 1938, è un film divertente, frenetico, che fa ampio uso di gag slapstick (come la buccia di banana per intenderci), ma allo stesso tempo è ricco di dialoghi al limite del surreale, scritti meravigliosamente da Dudley Nichols e Hagar Wilde. Il “Baby” del titolo originale è il nome del cucciolo di leopardo con cui avranno a che fare David e Susan, uno dei tanti imprevisti che caratterizzano questa commedia diretta con abilità da Howard Hawks, conosciuto anche per aver firmato pietre miliari del genere noir e western.

La brillantezza del film oltre che dalla sceneggiatura è garantita anche da un cast di tutto rispetto. Imbranato, distratto, con indosso gli occhiali alla Harold Lloyd (celebre attore negli anni del muto), Cary Grant lascia per l’occasione i panni del sex symbol per entrare in quelli di un timido paleontologo immerso nel suo lavoro, cui gli si prospetta un matrimonio tutt’altro che entusiasmante ma che improvvisamente si ritrova a tu per tu con un ciclone di donna interpretato dalla splendida Katharine Hepburn. In una commedia dalle trovate assurde, dai personaggi bislacchi e schizzati (chi più chi meno), Grant dal ruolo di seduttore che gli compete passa a quello di sedotto, da cacciatore a preda quasi inerme, travolto dagli eventi che si susseguono rapidamente senza dargli tregua e che finiranno per travolgere la sua vita di coppia e il suo stesso lavoro. Tanto da far dire al suo personaggio che, verso la fine del film, si rivolge alla promessa sposa Alice: “dì una cosa qualsiasi e io l’ho fatta”. Forse non tutti gli uomini vorrebbero una donna come Susan (del resto David lo chiarisce subito: “Vede, Susan: non è che Lei non mi sia simpatica. Perché anzi, in certi momenti di calma sarei anche attratto da Lei. Se ci fossero, dei momenti di calma…), ma quanti desidererebbero l’algida Alice, dedita solo al lavoro e che vede nello scheletro di brontosauro il loro unico futuro figlio?

Oltre alla coppia di protagonisti, la commedia conta altri personaggi secondari particolari, dalla zia Elizabeth (May Robson) al suo amico, il maggiore Applegate (Charles Ruggles), dal nevrotico psichiatra Dr. Lehman (Fritz Feld) allo sceriffo (Walter Catlett), che si fa gabbare per ben due volte dall’intraprendente protagonista.

Susanna! è un film anche rivoluzionario nel suo genere per i canoni hollywoodiani, se pensiamo agli anni in qui è stato girato. Esemplare è il ruolo subalterno che viene assegnato all’uomo rispetto alla donna, nonché alcune sottili allusioni sessuali o determinate battute, come la pronuncia per la prima volta della parola “gay” in una produzione americana per fare riferimento all’omosessualità. Accade quando David, costretto a mettersi una vestaglia non avendo altri abiti, incontra la zia di Susan. Alla richiesta del perché fosse così abbigliato, egli risponde: “Because I just went gay all of a sudden!” (“perché sono diventato improvvisamente gay!“). Il termine però apparve solo nella versione originale in quanto il doppiaggio italiano trasformò la parola “gay” con “pazzo”.

A dispetto del successo di critica che incontra oggi, il film quando uscì nelle sale andò talmente male al botteghino che la RKO licenziò Howard Hawks. Tra l’altro la commedia di Hawks non venne assolutamente presa in considerazione dall’Academy, non ricevendo neanche una nomination agli Oscar, situazione in realtà molto comune ad altri film o registi di prima grandezza che sono stati per anni ignorati da premi e riconoscimenti. Lo stesso Hawks comunque provò a spiegare i motivi che inizialmente non fecero apprezzare appieno la pellicola, dicendo che in effetti, tra tutti i personaggi manca “la gente normale”. Certamente è vero che questa commedia hollywoodiana è assurda, dalla trama ai personaggi, ma non per questo meno godibile di altre più credibili o realistiche.

 

Titolo originale: Bringing Up Baby

Anno: 1938

Paese: USA

Durata: 102

Colore: B/N

Genere: Commedia

Regista: Howard Hawks

Cast: Katharine Hepburn; Cary Grant; Charles Ruggles; Walter Catlett; May Robson; Barry Fitzgerald.

Valutazione: 4 su 5 – Buono

Luca Paccusse